La salute e l’estetica dei corpi non rispondono a parametri universali: concetti come quello di bellezza, ripugnanza, eccessiva magrezza o grassezza vengono concettualizzati in maniera distinta a seconda del gruppo umano che si prende in considerazione.

 

QUANDO GRASSO È BELLO: UNA RIFLESSIONE ANTROPOLOGICA

 

 

La percezione e l’ideale estetico dei corpi sono fattori mutabili, che sono sempre stati influenzati e dettati dall’epoca storica e dalla società di provenienza. Nonostante i processi di globalizzazione, l’omologazione degli standard di vita e i modelli estetici di riferimento, imposti dalle vie di comunicazione multimediali quali web e televisione, ogni contesto umano continua a mantenere le sue specifiche peculiarità: norme, valori, concezioni religiose e politiche, percezioni sull’identità.

La salute e l’estetica dei corpi non rispondono a parametri universali: concetti come quello di bellezza, ripugnanza, eccessiva magrezza o grassezza vengono concettualizzati in maniera distinta a seconda del gruppo umano che si prende in considerazione.

Dalla fine del secondo dopoguerra in poi in Occidente, si è sviluppata e fortemente radicata un’ossessione sul peso corporeo. Il mondo mediatico e della moda impone rigidi standard sulle caratteristiche del corpo perfetto: magro e filiforme, senza eccessive curve né segni particolari. Il corpo di un manichino, di una bellezza stereotipata, non vera influenza al giorno d’oggi in maniera pericolosa, l’intera popolazione femminile e maschile, soprattutto la più giovane, manifestandosi nei casi più estremi sotto forma di gravi disturbi legati alla nutrizione come l’anoressia e la bulimia.

Alcuni studi di Sobal (2004), famoso sociologo nordamericano, hanno messo in luce come, soprattutto negli USA, la discriminazione per il possesso di una forma fisica non socialmente accettata è accompagnata da pregiudizi negativi, oltre che sull’aspetto estetico, anche sul comportamento personale e sulla modalità di interazione sociale. A livello pubblico è diffusa la convinzione che le persone obese siano più pigre, socialmente e intellettualmente meno qualificate della popolazione più magra. Il valore della magrezza sembra collegarsi a quello dell’efficienza, rappresentando un modello estetico e culturale che innesca un rapporto con il cibo ormai invertito: la paura dell'eccesso ha sostituito il pericolo e la paura della fame (Montanari, 1996).

L’analisi dello status socioeconomico, è fondamentale per determinare il possibile modello estetico ideale di riferimento all’interno di una società. “I valori dominanti di una società sono spesso riflessi in uno status socioeconomico, e le società che danno valore a particolari forme del corpo esibiscono preferenze per quel tipo di corpo tra i loro stessi membri” (Sobal, 1991: 232).

Esistono alcuni contesti in cui il peso fisico può trovare la sua corrispondenza nel peso sociale di una persona, in altri il sovrappeso non si associa necessariamente a una discriminazione di tipo sociale.

Per i !Kung San del Botswana, esposti alla sottoalimentazione, l’obesità è un segno di prosperità e di salute, in contrasto con la connotazione negativa che possiede la magrezza (Lee, 1979). Tra i Kipsigis del Kenya, è costume far ingrassare le adolescenti fino a farle diventare obese. Per raggiungere tale stato, che è vantaggioso per contrarre matrimonio, possono essere necessari fino a 2 anni di pratiche alimentari ipercaloriche e di riduzione di attività fisica. Queste fidanzate sovrappeso sono più valorizzate, perché l’obesità femminile è considerata un simbolo di maternità e di sicurezza per la discendenza (Borgerhoff Mulder, 1988).

Nella regione della Sierra Norte di Puebla, in Messico, la grassezza non si vive necessariamente come un sintomo di malattia o di bruttezza fisica fino a quando essa non si configuri come la causa di complicazioni nello stato di salute delle persone. In tale contesto è frequente sentire operare dalla popolazione locale una distinzione tra quello che viene definito “grasso buono”, che continua a possedere una connotazione culturale positiva, e il “grasso cattivo”, nocivo per la salute. Per definire queste differenze si prende in considerazione non solamente l’effettivo peso fisico ma anche la situazione emozionale e caratteriale dell’individuo in questione. Se una persona per esempio è molto grassa, ma sprizza energia e vitalità, viene considerata in salute, piena di vita, probabilmente anche in misura maggiore di una più magra ma meno attiva e sorridente.

Tali considerazioni ovviamente non vogliono di certo intendere l’obesità come un valore estetico potenzialmente positivo, ma hanno tentato di mettere in luce come, le concezioni sul corpo e la salute in ogni società molto spesso vadano al di là di motivazioni prettamente mediche e siano influenzati da molteplici fattori tra cui, la situazione socioeconomica del contesto sociale di riferimento.

I nostri modelli estetici, che sembrano quasi dogmi radicati dall’inizio dei tempi, non sono altro che frutto della nostra stessa società di appartenenza e non sono stati necessariamente validi nel passato o in altre parti del mondo.

 
Dott.ssa Luongo Valeria
Antropologa
Bibliografia

Borgerhoff Mulder M. 1988 Kipsigis bridewealth payments. In L. Betzig , M. Borgerhoff Mulder & P. Turke (eds): Human reproductive behaviour. A Darwinian perspective (pp. 65-82). Cambridge, UK: Cambridge University Press.

Lee R. B. 1979 The !Kung San: Men, Women, and Work in a Foraging Society. Cambridge, Mass: Harvard University Press.

Montanari, M. 1996 La fame e l’abbondanza. Laterza: Roma-Bari.

Sobal, J. 1991 “Obesity and Socioeconomic Status: a framework for examining relationships between physical and social variables”. Medical Anthropology, vol. 13, pp. 231-247, Gordon and Breach Science Publishers S.A. Printed in the United States of America.

Sobal, J. 2004 “Sociological analysis of the stigmatisation of obesity”. In Germov, J. and Williams, L. (eds) A Sociology of Food and Nutrition: Introducing the Social Appetite (2nd Edition). Melbourne: Oxford University Press.