Atmosfere neomelodiche. Una prima riflessione antropologica sul ruolo della musica neomelodica nella fissazione di una memoria e di un immaginario malavitoso nel Sud Italia - Parte IV
Inserito da Fatima Falsapenna, nella categoria Antropologia e Psicologia transculturale
PARTE IV
Un approccio sociologico alla memoria: Maurice Halbwachs
Ciò che Freud aveva intuito intorno alla memoria filogenetica viene riproposto - anche se con accenti diversi ed in chiave sociologica - da Maurice Halbwachs in tre sue importanti opere: I quadri sociali della memoria, Memorie di Terrasanta e La memoria collettiva.
Il primo dei principi di base del suo pensiero risiede nel riconoscimento del carattere socialmente determinato della memoria, la quale non può formarsi che all'interno del gruppo o dei gruppi cui un individuo appartiene, accogliendo le rappresentazioni del passato sorte e sviluppatesi in seno ad essi e, di conseguenza, non può che sopravvivere nella comunicazione e nello scambio relazionale fra i membri del gruppo.
La memoria non può che declinarsi al plurale e l'atto del ricordare non esiste se non a condizioni di collocarsi dal punto di vista di una o più correnti di pensiero collettivo.[1]
La memoria si conserva fino a quando i membri di un gruppo continueranno a mantenere una relazione (anche se solo immaginaria) con la particolare corrente di pensiero collettiva propria di quel gruppo; in caso contrario, la loro memoria è destinata col tempo a scivolare pian piano verso l'oblio.
Il ricordo, anche il più personale dunque, dipende e scaturisce dalle relazioni che l'individuo intrattiene con i gruppi di appartenenza (famiglia, comunità scolastiche, religiose o di altro tipo, città, nazioni, ecc.); inoltre, esso si forgia sulla base di quadri sociali, ossia di modelli culturali predefiniti e fortemente condizionanti che organizzano il pensiero e il comportamento, precedono e significano la memoria.
Altra tesi fondamentale del pensiero di Halbwachs, risiede nella teorizzazione della natura essenzialmente ricostruttiva della memoria e nel riconoscimento dell'importanza del ruolo del processo selettivo nella formazione dei ricordi.
Ricordare significa ricostruire il passato, reinterpretarlo alla luce del presente, rendere attuale la memoria di un determinato gruppo sociale, operando una selezione dei determinati elementi che vengono investiti di un preciso significato simbolico e, sottratti, in tal modo, all'azione disgregatrice dello scorrere del tempo.
Girando le pagine di un vecchio libro, ritroviamo un episodio o un disegno che riconosciamo, ma questo si accorda bene con la nozione generale del libro che ne abbiamo conservato. Partendo da questa nozione noi saremo forse capaci diimmaginare il disegno o l'episodio, o ancora che vi sia un ricordo staccato che per una ragione o per un'altra non abbiamo mai perso la capacità di riprodurre. Ma riprodurre non è ritrovare: si tratta piuttosto di ricostruire.[2]
Anche l'atto psichico del dimenticare scaturisce da un processo di selezione, ma orientato stavolta nella direzione opposta, ossia verso la rimozione o la distorsione dei ricordi che vengono svuotati del loro contenuto simbolico e pertanto dimenticati; entrambe queste attività della nostra mente (ricordare e dimenticare) obbediscono alla logica percettiva del pensiero sociale dominante, contestualizzato nel tempo e nello spazio. La ricostruzione del passato corrisponde agli interessi, ai modi di pensare e ai bisogni ideali della società presente […], si accorda con i “pensieri dominanti” della società stessa [...] riflette effettivamente il risultato di uno scontro nel quale sono decisivi i rapporti di potere fra i gruppi diversi dei quali la società globale è composta.[3]
Un gruppo costruisce la propria memoria in riferimento a sé stesso ed in rapporto a precise coordinate spazio-temporali; questi tre elementi, che Halbwachs definisce immagini del ricordo, stabiliscono col gruppo una sorta di comunanza simbolica che assicura continuità ad una rappresentazione condivisa del Sé collettivo, ossia dell'identità di un gruppo[4].
La memoria di un gruppo sociale si basa sulla specificità del gruppo medesimo e, rispetto al suo interno, trae forza dalla selezione e dalla valorizzazione di quelle caratteristiche comuni ai suoi membri ed in qualche misura omologanti; mentre, rispetto all'esterno, ossia rispetto agli altri gruppi, la memoria privilegia l'enfatizzazione delle differenze.
I luoghi occupati dal gruppo o da esso frequentati abitualmente fungono da contenitori della sua memoria, partecipano della vita di questo, si modellano in base alla sua immagine e all'impronta da esso ricevuta, ma nello stesso tempo divengono essi stessi agenti modellanti; questi luoghi ricevono un investimento emotivo che diviene, all'occorrenza, elemento facilitatore della formazione e della rievocazione dei ricordi. È unicamente rivisitandoli o ripercorrendo – anche se solo con la fantasia – strade o sentieri che ci sono stati familiari che si possono far riapparire lontane immagini dei ricordi ad essi riferiti; quegli spazi, infine, assicurano quel senso di stabilità e continuità di cui il gruppo ha bisogno per alimentare l'illusione di rimanere sempre uguale a sé stesso, nonostante il trascorrere del tempo. Quando un gruppo è inserito in una parte di spazio, lo trasforma a sua immagine, e nello stesso tempo si piega e si adatta alle cose materiali che gli oppongono resistenza. Si chiude nella cornice che ha costruito. L'immagine dell'ambiente esteriore e dei rapporti stabili che intrattiene con lui passa in primo piano nell'idea che si fa di sé stesso.[5]
I luoghi della memoria possono riferirsi a spazi concreti come pure immaginari, scaturire cioè direttamente dalla fantasia di un determinato gruppo e perciò essere resistenti a qualsiasi cambiamento. Un ricordo collettivo, chiarisce Halbwachs nel suo lavoro dedicato all'immaginario cristiano medievale, si trova ad avere un duplice oggetto: da un lato una realtà materiale, figura, monumento, luogo nello spazio, dall'altro un simbolo, cioè il significato spirituale che nello spirito di un gruppo si aggancia e si sovrappone a questa realtà.
Lo spazio collettivo è necessariamente nel tempo, in un tempo che, come la memoria, è declinato al plurale e diviene contenitore, a sua volta, di ambienti dove possiamo assegnare il posto a diversi avvenimenti passati, perché ciascuno di questi ha un significato in rapporto all'insieme. E' questo significato che ritroviamo nell'insieme e questo si conserva perché la sua realtà non si confonde con le figure particolari e passeggere che lo attraversano.[6]
È naturale che un modello di memoria basato su categorie sociologiche così estreme e totalizzanti presenti poi qualche punto di criticità. Il primo di questi attiene per esempio alla questione dell'esclusione di ogni possibilità di apporto individuale nella formazione dei ricordi. Se da un lato è innegabile l'importanza del ruolo che le trame sociali giocano nella genesi e nella ricostruzione del passato di ognuno di noi, dall'altro è altresì vero che non si può mettere in dubbio l'esistenza di una specificità dell'individuo, appiattendo il tutto su di un piano collettivo. Certo pochi mettono in dubbio che l'uomo non esista per sé-stesso e in sé-stesso ma che si trova immerso nel mondo, in un contesto da cui non può prescindere, ciò però non può implicare che la memoria non abbia anche un valore individuale. L'impostazione seguita da Halbwachs tende invece ad affermare che il passato di un uomo non gli appartiene: crede cioè di possedere un proprio passato, ma di fatto questa credenza è semplicemente un'illusione. [7]
[1]Maurice Halbwachs (1950), La memoria collettiva, ed. Unicopli, Milano, 1987, pp. 92
[2]Maurice Halbwachs (1925), I quadri sociali della memoria, Ipermedium, Napoli-Los Angeles, 1997, p. 75
[3]P. Jedlowski, Introduzione a M. Halbwachs, La memoria collettiva, op. cit., pp. 31-32
[4]Ugo Fabietti – Vincenzo Matera, Memorie e identità. Simboli e strategie del ricordo, Meltemi ed., Roma, 2000, p. 10
[5]Maurice Halbwachs, La memoria collettiva, op. cit., pp. 217
[6]Ibidem, p. 205
[7]Cavicchia Scalamonti, Introduzione a M. Halbwachs (1925), I quadri sociali della memoria, Ipermedium, Napoli-Los Angeles, 1925, p. XI