
Dormire poco fa male al cuore
Inserito da Enrico Prosperi il 19/06/2016, nella categoria Psicosomatica
La notizia arriva dall’America, dove una ricercatrice Italiana la dott.ssa Daniela Grimaldi, assieme ad un team di ricercatori della Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, ha effettuato uno studio su 26 giovani adulti (tra i 20 e i 39 anni). Ai soggetti, divisi in due sottogruppi, è stato consentito di dormire solo 5 ore al giorno, ma una metà dei partecipanti dormiva le 5 ore di giorno, l’altra metà le dormiva di notte.
Sono stati valutati, ripetutamente, una serie di marcatori: la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, la variazione degli intervalli tra un battito e l’altro e un ormone dello stress (la norepinefrina) presente nelle urine.
La pressione sanguigna è rimasta invariata mentre il ritmo cardiaco è aumentato in tutti i partecipanti. Quest’ultimo è stato valutato soprattutto durante la fase di sonno ad onde lente, quando normalmente diminuisce consentendo al cuore di “ricaricarsi”.
Le persone che dormivano durante il giorno hanno presentato livelli più elevati di norepinefrina e una variabilità del battito cardiaco diminuita (indice di rischio cardiovascolare). La variabilità inter battito è data dalla misura del tempo che trascorre tra un battito ed un altro (tempo in continua mutazione). Ogni individuo ha una naturale variabilità del battito cardiaco in risposta a diversi fattori: il ritmo del respiro, lo stress, le emozioni, i pensieri, etc. Un cuore sano presenta un buon grado di variabilità inter battito che si traduce in un buon adattamento psicofisico alle più disparate situazioni che si può trovare ad affrontare.
Dormire un numero insufficiente di ore e in momenti “sbagliati” della giornata può quindi aumentare il rischio di eventi cardiovascolari.
Dott.ssa Elisa Bonanni
Psicologo
Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
© 2016
Bibliografia
Grimaldi D., Carter J.R.,Van Cauter E.,Leproult R. 2016 Adverse Impact of Sleep Restriction and Circadian Misalignment on Autonomic Function in Healthy Young Adults. Hypertension. Jul;68(1):243-50