L’obesità è una malattia sociale ad andamento cronico molto difficile da affrontare. Le persone obese, per accettare le cure, devono riuscire a stabilire una relazione empatica con il curante, tanto più necessaria quanto più il percorso è senza farmaci o altri interventi che possano sostenerlo, ed è invece basato essenzialmente sulla motivazione, l’autostima e l’autoefficacia del paziente.

Tanas R1, Caggese G2, Marcolongo R3.

1UO Pediatria Ospedaliera, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Ferrara, Italy.

2Dipartimento Emergenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Ferrara, Italy.

3Dipartimento di Medicina - DIMED - Azienda Ospedaliera Università di Padova, Italy.

 

 

Corrispondenza

Dott.ssa Rita Tanas

UO Pediatria Arcispedale S. Anna Cona

44100 Ferrara.

Telefono 3289422144 053264099

Fax 0532 747505.

e-mail:tanas.rita@tin.it

 

 

 

Da molti anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) allerta i professionisti sanitari sull’epidemia dell’obesità in età evolutiva, sulla sua persistenza e sull’importanza di una prevenzione e cura il più precoce possibile. Nonostante le esperienze positive riportate in letteratura(1,2), non sembrano però esserci ancora evidenze forti sull’approccio clinico più efficace da applicare a numeri così grandi di soggetti, spesso poco disposti a investire tempo o denaro nel programma terapeutico(3).

I medici delle cure primarie di tutto il mondo, nonostante le continue pressioni, sono restii ad occuparsene e chiedono più formazione(4). Tuttavia, anche formati, stentano a realizzare un intervento terapeutico autonomo e cercano solo di inviare i pazienti più gravi agli specialisti, che sono però numericamente insufficienti per prendersi cura di così tanti pazienti e per tempi lunghi(5-7).

Il tutto finisce così per tradursi in un fallimento generale, ben lontano dalle cure precoci universalmente suggerite. L’ultimo allarme dell’OMS è che, dato l’aumento della prevalenza dell’obesità registrato su 53 paesi europei del 27 e 33% nei bambini di 11 e 13 anni, stiamo praticamente “normalizzando” il problema obesità(8).

La dott.ssa Luise Baur nel 2011 ha pubblicato un articolo provocatorio in cui si chiedeva quanto la mancata presa in cura del bambino e dell’adolescente obeso fosse imputabile all’Obesity Resistence Syndrome(9), cioè ad un insieme di pensieri e pregiudizi dei professionisti sanitari che gli impediscono di accettare l’obesità come una patologia cronica e di prendersene cura in maniera adeguata, senza aspettarsi necessariamente la guarigione.

La scoperta degli anni ’90 a Parma dei neuroni specchio(10), apre nuovi scenari di comprensione su questo fenomeno. Sappiamo che l’empatia è il requisito indispensabile di una relazione di cura efficace(11), ma ancora ci sono difficoltà nella definizione di empatia clinica e dei suoi principali aspetti (emotivo, motivazionale, cognitivo e comportamentale) ed anche nella capacità di misurarla in maniera oggettiva. L’empatia, sembra inoltre calare con il progredire della formazione professionale sanitaria(12), tanto che molti percorsi accademici cercano di sostenerla con corsi dedicati, fino a veri e propri ricoveri simulati degli studenti(13-14). Sembra anche che l’aspetto emotivo sia quello determinante e che le donne medico se la cavino meglio degli uomini.

L’obesità è una malattia sociale ad andamento cronico molto difficile da affrontare. Le persone obese, per accettare le cure, devono riuscire a stabilire una relazione empatica con il curante, tanto più necessaria quanto più il percorso è senza farmaci o altri interventi che possano sostenerlo, ed è invece basato essenzialmente sulla motivazione, l’autostima e l’autoefficacia del paziente.

I media stigmatizzano cronicamente gli obesi al punto che, già a 5 anni, un bambino preferisce avere come amico un bambino normopeso e persino uno disabile, piuttosto che uno obeso(15).

Persino i medici e gli studenti di medicina di qualunque peso e sesso, condividono questo forte stigma pervasivo verso le persone obese, fatto di pensieri consci e inconsci, simile a quello evidenziabile nella popolazione generale e nella rete, che non si attenua neppure per le forme di obesità secondaria. E i bambini sono persino più stigmatizzati degli adulti(16-18).

Non è noto quanto ciò alteri la relazione medico-paziente e quindi la qualità delle cure. I neuroni specchio, struttura biologica verosimilmente responsabile della relazione empatica, forse ci possono aiutare a capire il fenomeno della mancata presa in cura dei soggetti con obesità. Si può ipotizzare che la stigmatizzazione mediatica, che dipinge le persone con obesità come lontane, diverse e inaccettabili, riduca l’attività dei neuroni specchio dei professionisti sanitari e quindi la loro capacità di sviluppare con loro una relazione empatica(19-20). Recentissimi studi italiani di risonanza magnetica funzionale documentano una minore attività dei neuroni specchio alla vista del dolore della persona obesa, rispetto a quello di una normopeso(21). Possiamo forse parlare di derisione mediatica imitativa, come per la violenza mediatica imitativa?(22)

Inoltre, sappiamo che l’attività dei neuroni specchio è finalizzata al risultato e se c’è una barriera fisica che ostacola l’azione fra osservatore e osservato, i neuroni specchio scaricano meno. Nelle mamme, l’ascolto empatico prepara già l’azione che darà una risposta ai bisogni del bambino(23). Possiamo, quindi, pensare che, oltre allo stigma pervasivo mediatico, a ridurre il livello di empatia tra medico-paziente, si aggiungano anche aspettative irrealistiche di guarigione(24). Oggi, gli studi ci dicono che, nell’adulto, perdere due kg in 2 anni, rispetto ai controlli che ne acquistano altrettanti, è un ottimo risultato(25); nell’adolescente, il peso medio non migliora e ci si deve accontentare del miglioramento della qualità della vita (26-27). Ma chi è pronto a ritenersi davvero soddisfatto? Non il medico né, tanto meno, il paziente.

A ciò si aggiunga che gli obesi sono particolarmente sensibili alla derisione, cui sono cronicamente sottoposti, tanto da aver bisogno, per iniziare un intervento terapeutico, di una relazione autenticamente empatica. La letteratura invita ad utilizzare il colloquio di motivazione come strumento per facilitare i cambiamenti comportamentali richiesti dal percorso terapeutico(28)e lo schema di counselling comportamentale breve delle “5A” conosciuti da molti operatori delle cure primarie all’estero(29-31). Il Canadian Obesity Network, a questo scopo, consiglia ai medici di medicina generale di modificarlo, introducendo all’inizio del percorso la ASK cioè la richiesta precisa fatta al paziente di parlare e di occuparsi del suo pesohttp://www.obesitynetwork.ca/5As(32).

Tutti auspicano che, i professionisti delle cure primarie adeguatamente formati ed incentivati, comincino ad occuparsi seriamente di problemi di obesità. Affinché i pazienti cambino, occorre però anche ridurre la stigmatizzazione professionale. La risposta emotiva alla derisione, infatti, aumentando i livelli di cortisolo, ormone da stress che facilita la crescita ponderale, ostacola il miglioramento del peso prima, durante e dopo la terapia(33-34).

I medici e gli altri professionisti della sanità dovrebbero prendere coscienza della derisione imitativa mediatica, subdola e pervasiva, per riuscire a consapevolizzarla e neutralizzarla e favorire così un buona relazione empatica. Soprattutto i medici delle cure primarie che per il loro ruolo sono più vicini alle famiglie, dovrebbero essere formati a procedure di intervento(34)in grado di aiutarli ad accompagnare efficacemente i loro assistiti nella cura, anziché di intaccarla(35-37).

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

1.     Oude Luttikhuis H, Baur L, Jansen H, Shrewsbury VA, O'Malley C, Stolk RP, Summerbell CD. Interventions for treating obesity in children. Cochrane Database Syst Rev. 2009 Jan 21;(1):CD001872.

2.     Ho M, Garnett SP, Baur L, Burrows T, Stewart L, Neve M, Collins C. Effectiveness of lifestyle interventions in child obesity: systematic review with meta-analysis. Pediatrics. 2012;130:e1647-71.

3.     Wake MCampbell MWTurner MPrice ASabin MADavis EBaur LA. How training affects Australian paediatricians' management of obesity. Arch Dis Child. 2013;98:3-8.

4.     O'Shea B, Ladewig EL, Kelly A, Reulbach U, O'Dowd T. Weighing children; parents agree, but GPs conflicted. Arch Dis Child. 2014 Jan 15.

5.     Campbell MBryson HEPrice AMWake M Childhood obesity in secondary care: national prospective audit of Australian pediatric practice. Acad Pediatr.2013;13:168-76.

6.     Wake M, Lycett K, Clifford SA, Sabin MA, Gunn J, Gibbons K, Hutton C, McCallum Z, Arnup SJ, Wittert G.Shared care obesity management in 3-10 year old children: 12 month outcomes of HopSCOTCH. randomised trial. BMJ. 2013;346:f3092

7.     Flodgren G, Deane K, Dickinson HO, Kirk S, Alberti H, Beyer FR, Brown JG, Penney TL, Summerbell CD, Eccles MP. Interventions to change the behaviour of health professionals and the organisation of care to promote weight reduction in overweight and obese people. Cochrane Database Syst Rev. 2010 Mar 17;(3):CD000984.

8.     New WHO analysis shows alarming rates of overweight children. Health 2020: the European policy for health and well-being. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe; 2014 (http://www.euro.who.int/en/health-topics/health-policy/health-2020-the-european-policy-for-health-and-well-being, accessed 25 February 2014).

9.     Baur LA. Changing perceptions of obesity--recollections of a paediatrician. Lancet. 2011;378:762-3.

10. Gallese V, Fadiga L, Fogassi L, Rizzolatti G. Action recognition in the premotor cortex. Brain 1996;119:593–609

11. Pollak KI, Alexander SC, Tulsky JA, Lyna P, Coffman CJ, Dolor RJ, Gulbrandsen P, Ostbye T. Physician empathy and listening: associations with patient satisfaction and autonomy. J Am Board Fam Med. 2011;24:665-72.

12. Neumann M1, Edelhäuser F, Tauschel D, Fischer MR, Wirtz M, Woopen C, Haramati A, Scheffer C. Empathy decline and its reasons: a systematic review of studies with medical students and residents. Acad Med. 2011;86:996-1009.

13. Batt-Rawden SA1, Chisolm MS, Anton B, Flickinger TE. Teaching empathy to medical students: an updated, systematic review. Acad Med. 2013;88:1171-7.

14. Wilkes M, Hoffman J. Students benefit from experience of hospitalization. Med Educ. 2002;36:586-7.

15. Harrison S, Rowlinson M, Hill AJ. No fat friend of mine: very young children’s responses to overweight and disability. European Congress on Obesity (ECO) 2013; Abstract T3T4:OS5.6.

16. Phelan SM, Dovidio JF, Puhl RM, Burgess DJ, Nelson DB, Yeazel MW, Hardeman R, Perry S, van Ryn M Implicit and explicit weight bias in a national sample of 4,732 medical students: The medical student CHANGES study. Obesity (Silver Spring). 2013 Dec 23

17. Sabin JA, Marini M, Nosek BA. Implicit and explicit anti-fat bias among a large sample of medical doctors by BMI, race/ethnicity and gender. PLoS One. 2012;7:e48448.

18. De Brún A, McCarthy M, McKenzie K, McGloin A. Weight stigma and narrative resistance evident in online discussions of obesity. Appetite. 2014;72:73-81.

19. Sikorski C, Luppa M, Brähler E, König HH, Riedel-Heller SG. Obese children, adults and senior citizens in the eyes of the general public: results of a representative study on stigma and causation of obesity. PLoS One. 2012;7(10):e46924.

20. Puhl RM, Peterson JL, Luedicke J. Parental perceptions of weight terminology that providers use with youth. Pediatrics. 2011;128:e786-93.

21. Azevedo RT, Macaluso E, Viola V, Sani G, Aglioti SM. Weighing the stigma of weight: An fMRI study of neural reactivity to the pain of obese individuals.Neuroimage. 2014;91:109–119.

22. Robertson LAMcAnally HMHancox RJ. Childhood and adolescent television viewing and antisocial behavior in early adulthood. Pediatrics.2013;131:439-46.

23. Rizzolatti G1, Luppino G. The cortical motor system. Neuron. 2001;31:889-901.

24. Puhl RMLatner JDKing KMLuedicke J. Weight bias among professionals treating eating disorders: attitudes about treatment and perceived patient outcomes. Int J Eat Disord. 2014;47:65-75.

25. Counterweight Project Team. Evaluation of the Counterweight Programme for obesity management in primary care: a starting point for continuous improvement. Br J Gen Pract. 2008;58:548-54.

26. Wille N, Erhart M, Petersen C, Ravens-Sieberer U. The impact of overweight and obesity on health-related quality of life in childhood--results from an intervention study. BMC Public Health. 2008;8:421.

27. Danielsson P, Kowalski J, Ekblom Ö, Marcus C. Response of severely obese children and adolescents to behavioral treatment. Arch Pediatr Adolesc Med. 2012;166:1103-8.

28. Barlow SE; Expert Committee. Expert committee recommendations regarding the prevention, assessment, and treatment of child and adolescent overweight and obesity: summary report. Pediatrics. 2007;120 Suppl 4:S164-92.

29. Resnicow K, Davis R, Rollnick S. Motivational interviewing for pediatric obesity: Conceptual issues and evidence review. J Am Diet Assoc. 2006;106:2024-33. Review.

30. Davis MM, Gance-Cleveland B, Hassink S, Johnson R, Paradis G, Resnicow K.Recommendations for prevention of childhood obesity. Pediatrics. 2007 Dec;120 Suppl 4:S229-53. Review

31. Wong EM, Cheng MM. Effects of motivational interviewing to promote weight loss in obese children. J Clin Nurs. 2013;22:2519-30.

32. Vallis M, Piccinini-Vallis H, Sharma AM, Freedhoff Y. Clinical review: modified 5 As: minimal intervention for obesity counseling in primary care. Can Fam Physician. 2013;59:27-31. Review.

33. Latner JD, Ebneter DS, O'Brien KS. Residual obesity stigma: an experimental investigation of bias against obese and lean targets differing in weight-loss history. Obesity (Silver Spring). 2012;20:2035-8.

34. Schvey NAPuhl RMBrownell KD. The stress of stigma: exploring the effect of weight stigma on cortisol reactivity. Psychosom Med. 2014;76:156-62.

35. Tanas R, Marcolongo R, Pedretti S, Gilli G. A family-based education program for obesity: a three-year study. BMC Pediatr. 2007;7:33.

36. Marcolongo R, Bonadiman L. Relazione e affettività tra medico e paziente come risorsa di cura. In: Edizioni, E.T.S., Ed., Critica Della Ragione Medica, Teoria, Pisa, 2011;1:63-69.

37.Counterweight Project Team, McQuigg M, Brown JE, Broom JI, Laws RA, Reckless JP, Noble PA, Kumar S, McCombie EL, Lean ME, Lyons GF, Mongia S, Frost GS, Quinn MF, Barth JH, Haynes SM, Finer N, Haslam DW, Ross HM, Hole DJ, Radziwonik S. Engaging patients, clinicians and health funders in weight management: the Counterweight Programme. Fam Pract. 2008;25 Suppl 1:i79-86.

38.Torjesen I. GPs lack necessary tools and incentives to manage obesity, London conference hears. BMJ 2014;348:g1587

<!--[endif]-->-->