Trovare la propria norma di salute, appropriarsene, farla riconoscere ed essere accompagnato nell'applicarla, permetterà di costruire un nuovo scenario in cui essere in salute con la malattia diventerà la normalità,

 

L'Educazione Terapeutica del Paziente (ETP) nasce dal bisogno di ricentrare la persona nella cura della malattia cronica. Un cambiamento epocale in ambito medico, nel quale é diffusa la convizione che la prescrizione farmaceutica rappresenti la soluzione alla malattia, l'ultima tappa nella presa in carico del paziente. La corrispondenza lineare tra diagnosi e prescrizione, mette in disparte l'uomo ed il suo contesto socio culturale, decentralizzando la persona in un percorso in cui essa dovrebbe essere da subito l'attrice principale.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità". Essere in salute é dunque utopico?

La malattia cronica rappresenta una sfida ardua, per il medico e per il paziente. Alla prescrizione cartacea deve infatti seguire un'osservanza farmacologica regolare, che implica un cambiamento perenne nella vita della persona, senza però portarla alla scomparsa della malattia.

Il paziente cronico sa infatti che non conoscerà mai la guarigione medica e allo stesso tempo deve combattere la 'sua nocività' verso il farmaco che dovrà assumere, a tempo indeterminato. La condanna di vivere sempre come malato, di doversi curare ogni giorno per ostacolare l'avanzamento della malattia é cio che appare piu lontano dall' «essere in salute» e dal vivere una «vita normale».

Con la diagnosi di patologia cronica, la persona diventa quindi paziente, é identificato in un gruppo patologico uniforme e portato subito all'auto-responsabilizzarsi per la buona assunzione del farmaco.

Viene quindi applicata una legge esterna e puramente medica in maniera univoca ad una moltitudine di persone diverse, pensando di creare un solo rapporto tra «l'obbedire et l'assumere».

Sapere però che esiste un farmaco, poterlo avere e volerlo assumere sono tre sfere distinte, interconnesse, condizionate da molti altri fattori personali, troppo spesso dimenticati dal personale medico e paramedico.

G. Canguilhem in 'Le normal et le pathologique' scrive che ciò che caratterizza «la salute» é la possibilità di sorpassare la norma che definisce il normale momentaneo, la possibilità di tollerare l'infrazione rispetto alla norma abituale e creare delle norme nuove in situazioni nuove.

All'annuncio della malattia si frantuma infatti un equilibrio di vita, e la ricerca di una nuova qualità di vita con la patologia può sembrare illusorio. Il medico si trova spesso a doversi confrontare con la frustazione di un paziente 'che non capisce', che 'non vuole ascoltarlo', che 'proprio si rifiuta di fare ciò che lui ha detto'.

Spostare l'attenzione da una norma rigida e omologa alla norma personale ed unica dell'individuo obbliga a girare lo sguardo verso la persona, ad immergersi nella sua globalità, aiutandola a costruire un nuovo equilibrio grazie alle sue potenzialità, nel suo ambiente e nel suo tempo, lasciandola libera di definire la propria 'scelta normativa' della quale si sente capace.

Philippe Barrier in 'Le patient autonome' parla di auto-normatività come 'attitudine potenziale del paziente a scoprire e gestire tramite se stesso la propria norma di salute'.

Ciò non significa lasciare libera la persona di scegliere il farmaco, ma lasciarla libera di mostrarsi capace di prendere coscienza autonomamente del bisogno del farmaco per la migliore gestione della sua vita con la malattia. Il paziente é quindi libero di scegliere ciò che é preferibile (il farmaco) in funzione di ciò che auspica di migliore nella sua realtà e per la sua vita. Assumere un farmaco non rappresenterà quindi l'ostacolo ad un nuovo equilibrio normale, ma la decisione preferibile rispetto ad nuovo progetto di vita.

Prendere quindi coscienza di questa 'compatibilità di esigenze' che possono sembrare impossibili da collimare permetterà al paziente di appropriarsi della sua malattia e quindi del suo farmaco, rendendolo un componente come un altro della quotidianità.

Un'evoluzione che non si manifesta d'emblée ma alla quale possiamo condurre, educare (dal latino ex-ducere, accompagnare) e che dona al medico un ruolo pedagogico e non più normativo/correttivo/prescrittivo. Il medico riuscirà a cucire un percorso medico sulla persona, nella sua globalità, riconoscendo (nel senso di identificare e legittimare) le conoscenze, le intuizioni e le esperienze già possedute da essa.

Trovare la propria norma di salute, appropriarsene, farla riconoscere ed essere accompagnato nell'applicarla, permetterà di costruire un nuovo scenario in cui essere in salute con la malattia diventerà la normalità, che si dovrà regolare ai diversi periodi di vita, modulando in funzione di essa i molteplici aspetti della vita.

Riconoscersi in questo percorso normativo e regolativo accomuna tutti noi come malati in salute, immessi in una temporalità ed in contesti sempre diversi, con l'obiettivo comune di trovare un'armonia di vita che ci appartenga.

L'ETP ha accettato la sfida ben più difficile di curare la persona, sviluppando il suo 'saper'/'saper essere', e migliorare il suo 'saper fare', con lo scopo di renderla autonoma ed attrice della propria esistenza, sempre.

 

 Ilaria Sanges Ben Amor

Dietista e Coordinatrice ETP

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