Mario, 26 anni, intervistato presso un Servizio Tossicodipendenze (Ser.T.); il racconto sembra esprimere rabbia assieme a definiti segni di pensiero passivo (frasi non completate, incerte, confuse, uso di termini infantili).
Presentazione dei Casi clinici e classificazione.                                                                                                                                  Caso1:Mario                                                                                                              Mario, 26 anni, intervistato presso un Servizio Tossicodipendenze (Ser.T.), all'interno del quale stava effettuando, all'epoca dell'intervista, una psicoterapia ad orientamento analitico da due mesi. E' stato bocciato tre volte alle scuole medie inferiori; successivamente ha faticosamente preso il diploma frequentando le scuole serali assieme al padre; attualmente lavora come elettricista; non è sposato, non ha figli. Ha iniziato a fumare saltuariamente cannabinoidi all'età di 16 anni; all'età di 18 anni inizia ad usare eroina prima per via nasale, poi per via endovenosa per 5 mesi; riferisce di essere riuscito a smettere da solo l'uso dell'eroina “chiudendosi a casa”, ma inizia a bere alcoolici forse, dice, “per potermi comunque sconvolgere”. E' stato ricoverato in ospedale quattro anni addietro per epatite C; sierologia anti-HIV negativa; due anni addietro nuovo ricovero, con gastrolusi, per ingestione di benzodiazepine ed alcool. Dopo quell'esperienza non ha bevuto per due mesi, poi ha ripreso abusando di superalcoolici; dopo aver bevuto “rompe tutto” e diventa aggressivo con il padre, la madre ed i fratelli. Non ha mai avuto problemi con la giustizia. Mario ha sempre vissuto in casa con i genitori (il padre lavora come meccanico, la madre come badante) ed i fratelli; un fratello da poco tempo si è sposato ed è andato a vivere altrove. Mario descrive il suo rapporto con una madre “premurosa che si prendeva cura” di lui “anche troppo se non mangiavo...”, un'infanzia tranquilla durante la quale la madre, che in quel periodo non lavorava, gli “stava sempre appresso”; il rapporto con il padre, spesso assente per lavoro, è descritto in maniera più conflittuale ricordando anche che era il padre che “alzava le mani”. Mario racconta delle preoccupazioni della madre quando ha cominciato ad uscire da solo che danno l'impressione di una difficoltà ad accettare il processo adolescenziale del figlio; il racconto sembra esprimere rabbia per quegli aspetti del rapporto assieme a definiti segni di pensiero passivo (frasi non completate, incerte, confuse, uso di termini infantili.                                          Massimo Guido                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Medico Psichiatra Az. U.S. L. Roma F                                       Psicologo clinico                                                                        PsicoanalistaSPI                                                                                      
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