Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia, caratterizzato da frequenti ed inaspettati attacchi di panico. La riduzione dell’autonomia, conseguente all’attuazione dei comportamenti protettivi e di evitamento, danneggia, a breve termine, la qualità della vita di chi ha il disturbo e dei suoi familiari, e, a lungo termine, il senso di efficacia personale e la stima di sé. La psicoterapia cognitiva comportamentale è un trattamento altamente efficace sia nel setting individuale che gruppale.

 

Il Disturbo di Panico è una patologia piuttosto diffusa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne soffre tra l’1,5% e il 3,5% della popolazione mondiale, soprattutto donne (WHO, 2008). Di solito il decorso del disturbo è cronico, ma mentre alcune persone ne soffrono in modo continuativo, altre presentano intervalli di anni senza attacchi di panico.  Attacchi di panico isolati riguardano invece fino al 22,7% della popolazione (Kessler, 2006).
Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia, caratterizzato da frequenti ed inaspettati attacchi di panico. L’ansia e la paura sono emozioni normali, che provano tutti. Esse hanno la funzione di segnalare situazioni pericolose o spiacevoli, mediante le modificazioni fisiologiche attivate dal sistema nervoso autonomono e dall’adrenalina che entra in circolo nel sangue. Entro certi livelli, dunque, l’ansia e la paura sono necessarie a ciascuno di noi in quanto consentono di affrontare le situazioni temute ricorrendo alle risorse mentali e fisiche più adeguate (es. se attraversiamo la strada e una macchina suona il clacson per avvertirci che potrebbe investirci, possiamo spaventarci e, in preda alla paura, metterci in salvo).
Un attacco di panico si manifesta quando una persona diventa, in breve tempo, molto spaventata o molto ansiosa o molto a disagio in una situazione nella quale la maggior parte delle persone non proverebbe paura o malessere. Durante l'attacco si possono manifestare i seguenti sintomi (Roberson, 2011):

-         Respiro affannoso

-         Palpitazioni

-         Vertigini o giramenti di testa

-         Formicolii alle mani o ai piedi

-         Senso di costrizione o dolore al torace

-         Sensazione di soffocamento o di mancanza d'aria

-         Sensazione di svenimento

-         Sudorazione

-         Tremori

-         Vampate di caldo o di freddo

-         Bocca secca

-         Nausea o nodo allo stomaco

-         Debolezza delle gambe

-         Visione annebbiata

-         Tensione muscolare

-       Impressione di non riuscire a pensare chiaramente o di non riuscire a parlare

-         Impressione che le cose intorno non siano reali

-  Paura di morire, di perdere il controllo, o di comportarsi in modo bizzarro.

Chi ha un attacco di panico, quando l'attacco diventa grave, cerca di allontanarsi dalla situazione in cui si trova nella speranza che il panico cessi, oppure cerca chi lo possa aiutare se dovesse svenire, avere un infarto o impazzire. C'è chi invece cerca di restare solo perché si vergogna delle conseguenze che l'attacco potrebbe avere o teme che altri possano scoprire che soffre di un attacco di panico.
Le prime volte che una persona ha un attacco di panico di solito si spaventa molto, dato che si tratta di un'esperienza strana, inattesa, intensa, molto spiacevole, spesso accompagnata dalla paura di perdere il controllo, di svenire, di morire o di impazzire. Col ripetersi degli attacchi, comincia a temere meno queste conseguenze, anche se spesso continua ad avere paura che la volta successiva l'attacco possa essere peggiore. In ogni modo gli attacchi continuano ad essere estremamente spiacevoli e sono pochi quelli che riescono a condurre una vita normale.

Come e perché chiedere aiuto

Il disturbo di panico può essere particolarmente invalidante in quanto ha ripercussioni sulla vita lavorativa (es. rinuncia ad un lavoro per le difficoltà di spostamento), familiare (es. tensioni interpersonali causate dalle frequenti richieste di essere accompagnati) e sociale (es. riduzione delle relazioni a causa della difficoltà a frequentare luoghi pubblici) della persona che ne soffre.La riduzione dell’autonomia, conseguente all’attuazione dei comportamenti protettivi e di evitamento, danneggia, a breve termine, la qualità della vita di chi ha il disturbo e dei suoi congiunti, e, a lungo termine, il senso di efficacia personale e la stima di sé.Il decremento dell’efficacia personale e dell’autostima, inoltre, a lungo andare possono produrre una depressione secondaria.
I trattamenti per la cura del disturbo di panico riconosciuti come più efficaci sono la farmacoterapia e la psicoterapia. Le terapie farmacologiche più diffuse sono a base di benzodiazepine ed antidepressivi di nuova generazione (Serretti, 2011). Talvolta questi trattamenti risultano risolutivi, ma frequentemente, all’interruzione della farmacoterapia, la sintomatologia si ripresenta (Davies, 2009).  D’altra parte i farmaci, abbassando i livelli di sofferenza soggettiva e d’ansia di chi ha un disturbo di panico, creano le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico efficace che può essere svolto o a livello individuale o in gruppo.
La psicoterapia cognitivo comportamentale è la forma di psicoterapia con il maggior numero di studi di efficacia controllati e randomizzati. La rassegna fondamentale di evidenza clinica sugli interventi medici basati sulle evidenze scientifiche (Clinical Evidence, 2002), riconosce la psicoterapia cognitivo comportamentale altamente efficace per il trattamento dei disturbi d’ansia generalizzati (per questi disturbi nessun farmaco riceve la stessa valutazione) e per il disturbo di panico.
Da molti anni questi trattamenti vengono usati sia nel setting individuale che gruppale.  Molto adatto al setting di gruppo per il disturbo di panico e l’agorafobia, il trattamento cognitivo comportamentale della durata di circa 6 mesi sviluppato da Andrews (2003) che si basa sui seguenti principi:

- Psicoeducazione sulla natura della paura e dell’ansia, sui sintomi, le cause e le conseguenze del panico;

- Gestione dei sintomi fisici:  tecnica del respiro lento;

- Gestione dei sintomi fisici: tecniche del rilassamento muscolare progressivo e isometrico;

- Individuazione e confutazione dei pensieri disfunzionali;

-  Esposizione enterocettiva, cioè alle sensazioni simili a quelle del panico;

-   Esposizione graduale agli stimoli temuti ed evitati.

Questo metodo è stato applicato in Italia in molti dipartimenti di salute mentale soprattutto in setting di gruppo, per l’evidente e favorevole rapporto costi/benefici, con risultati del tutto paragonabili a quelli riscontrati negli studi internazionali (Piacentini, 2003).
<!--[if gte mso 9]><xml> Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE MicrosoftInternetExplorer4 </xml><![endif]-->

Dr. Giovanni La Veglia

Psicologo Clinico

© 2013

 

<!--[endif]-->

BIBLIOGRAFIA

 

Andrews G, Creamer M (2003).  Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo.  Centro Scientifico Editore, Torino.

 Clinical Evidence:  the international source of the best available evidence for effective health care. Londra: BMJ Publishing Group, 8th issue, 2002.

 Davies S, Nash J, Nutt D (2009).  Management of panic disorder in the primary-care setting.  Prescriber, vol. 20, issue 8, 17-26, 2009.

 Kessler R, Chiu W, Jin R, Ruscio Am (2006).  The epidemiology of panic attacks, panic disorder, and agoraphobia in the National Comorbidity Survey Replication. Arch. Gen. Psychiatry, 63(4): 415-24, 2006.
Piacentini D, LeveniD, Biffi G, Clzeroni A, Sileoni A, Scarone A, Scarone S, Campana A (2001). Efficacia nella pratica della terapia cognitivo comportamentale di gruppo nel tratttamento del disturbo da attacchi di panico: analisi dei risultati nei centri di salute mentale.
Rapporto ISTISAN 2001; 1/27: 143-146

 Roberson N et al (2011).  Panic disorder and its subtypes: a comprehensive analysis of panic symptom heterogeneity using epidemiologic and treatment seeking samples.  Cambridge Univ Press, Psychological Medicine, 2011.