Distanziamento sociale? No grazie.

 

L’emergenza del coronavirus ci ha messo di fronte a paure che hanno radici antiche, quella della morte, della sofferenza, della solitudine. La soluzione intrapresa per arginare la pandemia è stata quella del lockdown, che ha determinato una progressiva riduzione dei contagi ma anche un allontanamento dalle nostre abitudini di vita e sociali. Si è però lentamente iniziato a vedere nelle strade un atteggiamento schivo nei confronti dell’altro, assolutamente non giustificato dalle evidenze scientifiche riguardanti le modalità di diffusione del virus. Tante sono le cose che è possibile fare per l’altro e con l’altro, nell’assoluto rispetto della distanza di sicurezza imposta per legge. Una tra tutte, semplice, è guardarsi negli occhi e sorridersi. Non c'è effettivamente bisogno, come sta venendo spontaneo un po' a tutti, di abbassare lo sguardo. Il virus invece, complici l’angoscia e la disinformazione, ci ha fatto perdere di vista l’altro. Qual è il confine tra fobia e sprovvedutezza, tra ipocondria e ingenuità, tra ossessione e menefreghismo? Il confine non è una linea ma una superficie lunga e larga i cui componenti principali sono e devono essere l'equilibrio, il buon senso, il raziocinio, il giudizio, la conoscenza e l’informazione. Sono questi gli strumenti che ci devono guidare verso una prudenza ragionata che non lasci spazio a irresponsabilità, sospettosità, terrore, odio e per far sì che il distanziamento non si trasformi in isolamento, con tutte le drammatiche conseguenze che ne deriverebbero. Siamo stati bombardati giornalmente dalla necessità del distanziamento sociale per ridurre il rischio di contagio e questo ha generato una crescente diffidenza verso l’altro. In poco tempo sono diventati “nemici” i padroni dei cani, i runner, gli incoscienti che vogliono svolgere un’attività motoria, chi non fa la spesa una volta ogni quindici giorni, chi va ad aiutare un anziano, le mamme che vogliono addirittura portare i propri figli a prendere un po’ d’aria, i caregiver dei portatori di handicap. Talvolta anche chi non si sa bene per quale motivo è per strada ma si è troppo spesso pronti a giudicare, criticare e persino a insultare.

La distanza fisica per ridurre il rischio del contagio è stata definita come distanziamento sociale, termine che può essere interpretato come evitamento della socializzazione. Ma il contatto sociale è fondamentale per affrontare al meglio una situazione di forte stress come quella che stiamo vivendo. La comunicazione istituzionale per promuovere la fase 2 ha insistito sull’espressione “distanziamento sociale”, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un briefing del 20 marzo, abbia suggerito di sostituirla con il termine distanziamento fisico, per ricordare l’importanza della connessione sociale per il mantenimento della salute fisica e mentale. Parlare di distanziamento sociale può rivelarsi un’arma a doppio taglio: se è vero che è importante mantenere una distanza fisica e una corretta igiene, cosa per altro che dovrebbe essere assolutamente normale in qualsiasi paese civile, il distanziamento sociale rischia di portare molte persone ad un eccessivo isolamento, con un incremento dello stress percepito, una compromissione del sistema immunitario e un incremento di malattie fisiche e mentali. Il distanziamento sociale “spinge contro gli esseri umani”, come sottolinea Jamil Zaki (Professore di Psicologia della Stanford University) e facilita lo sviluppo di pregiudizi, stigmatizzazione, comportamenti evitanti e fobici e una sfiducia nei confronti degli altri individui visti come possibili untori. Corriamo il serio rischio che la fase 2 amplifichi gli sguardi pieni di sospetto o paura già presenti nelle file durante la spesa o quando le persone si incrociano sul marciapiede. Non possiamo poi dimenticare che il distanziamento sociale è anche il primo passo usato per gli abusi domestici, per assicurarsi potere e controllo sulle vittime. Le relazioni sociali sono essenziali per il benessere psico-fisico, mentre quelle povere o insufficienti, come ricorda una ricerca della professoressa Holt-Lunstad, possono aumentare il rischio di mortalità alla stregua dell’obesità, del fumo di sigarette o dell’inattività fisica.

La connessione sociale è indispensabile per la salute psico-fisica dell’individuo e lo è maggiormente in presenza di calamità naturali. Per via del distanziamento molte famiglie non hanno potuto dare l’ultimo saluto ai propri cari, molti anziani sono stati lasciati alla loro solitudine, molte donne maltrattate abbandonate ai loro aguzzini, i bambini privati di quello spazio odiato-amato della scuola, gli amanti strappati dai loro affetti, i malati cronici lasciati in balia delle loro angosce. Il tutto ovviamente per il bene collettivo. Ma ora con la fase 2 è fondamentale ricordarci che l’unico distanziamento che dobbiamo applicare è quello fisico, mentre dobbiamo coltivare le relazioni e gli scambi, ridurre le distanze e tutelare soprattutto chi è solo, chi ha perso il lavoro, chi vive in situazioni di disperazione. Le parole “sociale” e “distanziamento” non possono in nessun modo stare vicine. La Treccani ci ricorda che, per Società si intende “un insieme di individui uniti da rapporti di varia natura, in cui si instaurano forme di cooperazione, collaborazione, divisione dei compiti che assicurano la sopravvivenza e la riproduzione dell’insieme stesso e dei suoi membri”.

Distanziamento sociale? No grazie.

Il distanziamento, necessario per contrastare la pandemia, non può e non deve significare la perdita delle connessioni sociali, del senso di comunità e appartenenza e della condivisione di obiettivi, ideali e valori. Nel rispetto del distanziamento fisico, non dimentichiamo di coltivare l’empatia, la compassione e l’altruismo, per connetterci agli altri, ascoltare la loro voce, condividere pensieri ed emozioni e mantenere viva la nostra umanità.

 

Dott. Enrico Prosperi

Medico Chirurgo Specialista in Psicologia Clinica

Dott.ssa Mary Frances Calabria

Medico Chirurgo Specialista in Psichiatria

© 2020

 

 

Bibliografia

Abel T, McQueen D, The COVID-19 pandemic calls for spatial distancing and social closeness: not for social distancing! Int J Public Health. 2020 Apr;65(3):231

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Holt-Lunstad J , Smith TB, Layton JB Social relationships and mortality risk: a meta-analytic review. PLoS Med. 2010 Jul 27;7(7)

https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/transcripts/who-audio-emergencies-coronavirus-press-conference-full-20mar2020.pdf?sfvrsn=1eafbff_0