Parliamo di adolescenza secondo l’ipotesi teorica dell’OOC (Oggetto Originario Concreto) del Prof. A. B. Ferrari (1992)  e basandoci sulla lettura, estratti e commenti del suo libro “Adolescenza la seconda sfida” . Un libro che ci introduce all’uso di alcune ipotesi psicoanalitiche per avvicinarci al mondo psichico dell’adolescente ed apre ad alcune riflessione sia dal punto di vista clinico che teorico. Per eventuali approfondimenti riguardo le ipotesi del Prof. A. B. Ferrari vi segnaliamo il sito dell’Istituto Psicoanalitico di Formazione e Ricerca “A.B. Ferrari” (www.unoebino.it).

 


“La strutturazione dell’identità comporta in ambedue i sessi un aumento della aggressività e distruttività”, come abbiamo già visto per il caso dell’anoressia in cui vi è la distruzione della figura femminile, nel caso dei comportamenti antisociali, nel presentarsi di manifeste necessità di affetto alternate al desiderio di castigo.
Le reazioni aggressive sono particolarmente evidenti nei figli di coppie separate.
Se partiamo dal presupposto che gli adolescenti creano relazioni dalle quali compulsivamente si separano, quale miglior castigo per loro, se si sentono responsabili della separazione dei genitori, che subire continue separazioni?
“I ragazzi devono affrontare il senso di colpa e la persecuzione legata alle figure genitoriali” in relazione alla loro “costellazione edipica”  (denominazione definita da Ferrari per indicare tutto ciò che del funzionamento mentale deriva dall’esistenza della relazione che lega alla coppia maschile-femminile, padre-madre).
Alla difficoltà del definirsi dell’identità sessuale vi possono essere varie scappatoie, quali l’omosessualità, il vestirsi da maschio per una ragazza ecc, richiamando immagini parentali distorte.
In un percorso analitico questo si traduce in una suscettibilità particolare del ragazzo/a. “Poiché le fantasie e le paure degli adolescenti contengono frequenti elementi di realtà, sarà opportuno esprimere una particolare disponibilità all’ascolto”. Anche perché è esperienza comune che i ragazzi vengano “portati” in analisi creando una forma di costrizione. Sarà opportuno quindi responsabilizzare il ragazzo fino a permettergli di decidere quando e come venire in analisi, il che comporta comunque accordi precisi e chiaramente stabiliti per permettere un corretto uso di questa libertà. L’adolescente dovrà essere posto in condizioni di definire con chiarezza le sue reali condizioni psichiche, le sue necessità ed i suoi bisogni e percepire se l’esperienza analitica è uno strumento possibile per tentare di risolvere le proprie angosce. Questo gli permetterà di raggiungere una conoscenza di se stesso e delle sue risorse tale da poter rendere funzionale il suo agire, il suo pensare ed il suo vivere. Se l’adolescente si sentirà davvero costretto a lavorare analiticamente, questa non avrà presa su di lui anzi si potrebbe trasformare in un ulteriore stimolo di confusione.
L’analisi soprattutto nelle fasi iniziali è focalizzata ad alimentare l’area della personalità che ha bisogno di aiuto, che è particolarmente fragile nell’adolescente in confronto con quella distruttiva, anarchica, oppositiva e rivendicativa.
Al polo opposto possiamo trovare il ragazzo che viene regolarmente in analisi perchè ha preso un impegno con i genitori, ed è bene chiedersi se l’adattarsi è l’unico modo per il ragazzo per possedere, per ottenere amore, attenzione, benevolenza, per riuscire in qualcosa.  Potrebbero essere aspetti educativi o angosce molto profonde che obbligano l’adolescente ad evitare azioni o scelte che lo mettano a confronto con se stesso. Questo atteggiamento è dovuto quasi sempre ad una grande sfiducia nelle proprie risorse ed è accompagnato da un grande senso di inadeguatezza. Ma siccome non si può non prendere posizione nella vita, il ragazzo potrebbe decidere di liberarsi dalla responsabilità di affrontare la propria inadeguatezza addossando le responsabilità agli altri, al mondo (anche questa è una scelta).
Molti adolescenti vivono cosi: evitando di mettere alla prova se stessi. Spesso questi adolescenti sono schiavi di ciò che il gruppo familiare chiama “coerenza”. Il gruppo pretende che un adolescente consideri la coerenza un punto di partenza non di arrivo, dimenticando che l’incoerenza fa parte degli aspetti fondanti della crescita. Se il gruppo impone un percorso analitico impone anche la coerenza. Questo potrebbe esasperare l’adolescente che non è libero di un dialogo con se stesso (perché il dialogo diventa “analitico”) né di sperimentare l’incoerenza che gli permette però di conoscere e raggiungere più tardi la propria e specifica coerenza.
In questa età, proprio per la difficile costruzione della identità in alcuni momenti sono gli altri (il gruppo, la famiglia) a costituire “la tenuta” per potersi occupare di loro stessi.
Aspetti tecnici come “il vis à vis” o “il divano” devono essere valutati caso per caso, non dimenticando che l’adolescente cresce e le eventuali modifiche di posizione sono collegate ad un processo di sviluppo. Uno degli indici di crescita è fornito dall’apparizione dell’”altro da sé”, come possibilità dell’altro non persecutorio, con la diminuzione dell’angoscia ed un aumento della fiducia nelle proprie risorse.
E’ utile sottolineare come nella fase adolescenziale sia il corpo che si propone alla mente, inversamente alla fase neonatale in cui è la mente che si propone al corpo (si sviluppa e si propone in quanto organizzatrice delle sensazioni corporee). Il corpo dell’adolescente ha la peculiarità di “farsi” ed “essere” nello stesso tempo “oggetto di conoscenza” per poi nuovamente evolvere; un processo costantemente sconosciuto ed imbarazzante.
E’ in questa fase che si decide buona parte della vita dell’individuo attraverso l’accettazione o no della dimensione fisica con quella mentale. Si tratta di una seconda nascita o meglio  sfida in cui si gettano le basi della prima elaborazione conscia della conflittualità mente-corpo, il cui esito può essere di volta in volta armonico o disarmonico. E’ solo in questo momento che l’adolescente incontra e conosce quello che sarà, l’immagine che accompagnerà il suo corpo.
E qui le strade dei ragazzi divergono da quelle delle ragazze almeno nella cornice della cultura occidentale.
L’esperienza insegna che per il ragazzo l’aspetto muscolare e del “fare” prendono il sopravvento sulle capacità riflessive condizionando la forma e la qualità del pensiero. In un contesto analitico si evidenzia una relazione analitica con modalità “episodiche”, con un andamento sussultorio e frammentato di pensiero, con il manifestarsi improvviso di angosce in modalità di esplosioni la cui vastità e presenza non sono prevedibili.
Per le ragazze l’andamento della relazione è più omogeneo e si possono mettere a fuoco le aree dolorose di lavoro con più continuità.
Un’altra differenza è in relazione alla “capacità” di realizzare qualcosa e la “realizzazione concreta” di qualcosa. I maschi confondono i due momenti. Molti degli atteggiamenti che hanno a che fare con la negazione ed il rifiuto esprimono la paura che venga tolto o distrutto quello che stanno realizzando. Ma essi ignorano che distruggere quello che stanno realizzando non vuole dire distruggere la loro “capacità” di realizzazione. L’inibizione di molti adolescenti ed adulti maschi è associata alla confusione fra l’oggettiva realizzazione e la capacità potenziale di realizzare.
Questa angoscia nelle ragazze è attenuata dalla consapevolezza inconscia della loro capacità generatrice.
Un’altra considerazione che parte dall’esperienza è che durante il percorso analitico possono, ad un certo punto inoltre, comparire i ricordi, i riferimenti al passato.
Quando i ragazzi possono fare riferimento ai ricordi compiono un passo molto importante per la crescita: ricordare crea un potenziale spazio psichico che introduce in una esistenza storica e permette di entrare come attori in una esperienza che riconoscono come propria. Riaffiorano ricordi infantili a cui dare un senso ed una data (c’è un “prima” ed un “dopo”) ed anche la memoria ha una forte partecipazione alla definizione dell’identità ed aiuta la definizione dello spazio-tempo. Questa fase facilita il passaggio dalle teorie (desiderio di perfezione e di perfettività) all’uso di capacità discriminatorie, quindi capaci di creare una ipotesi. E’ il passaggio dal modello utopico ad un modello ipotetico.
Due costanti appaiono inoltre nella relazione con l’adolescente: la provocazione e l’invenzione.
La provocazione serve a mantenere distante l’attenzione da qualcosa che si vuole nascondere o maggiormente per poter verificare il comportamento, il grado di interesse e di contenimento dell’interlocutore.
L’invenzione rimanda ad un comportamento infantile di esagerazione e bugie, con il quale gli adolescenti si divertono e possono sdrammatizzare le loro angosce attraverso un mondo “magico” e paradossale.
Le invenzioni in adolescenza rappresentano il residuo di questo mondo e rispondono alla esigenza di diminuire le angosce provocate dal rapporto della realtà.  Ricorrendovi l’adolescente può sostituire alle teorie infantili una esperienza con piccoli aspetti della realtà, che possono anche trasformarsi in qualcosa di persecutorio: nasce il bisogno di “inventare” per “contenere”. Il momento della invenzione rappresenta il tentativo di costruire la realtà a partire dal frammento conosciuto: è la risposta come “non ho più paura di questo problema”, “non ne ho più a che fare”, ecc..
Molto spesso i fantasmi che spingono un adolescente ad “inventare” hanno a che fare con l’odio e la distruttività, con fantasie di morte (uccidere e/o essere ucciso). Queste invenzioni, se emergono durante una relazione analitica, possono essere affrontate con domande dirette, quali: di che cosa ha paura?
Il bambino ha un corpo, mentre l adolescente osserva il suo che si costruisce. Il “farsi corpo” ed il relativo processo conoscitivo sono processi dolorosi. Per avvicinarsi a questa fase durante una relazione analitica, si richiede da parte dell’analista la capacità di ridurre al massimo i propri desideri e memorie per “capire” il linguaggio di quel specifico ragazzo per poter proporre all’analizzando ciò che lui non conosce di se stesso




Alla prossima puntata

Dssa Silvia Chieco Farina
Medico-Chirurgo
Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapia- Psicoterapeuta.
e-mail: chieco.silvia@libero.it

Dr. Paolo Bucci
Psicologo, Psicoterapeuta.
Socio fondatore dell’Istituto Psicoanalitico di Formazione e Ricerca “Armando Ferrari”.
e-mail: unobino@gmail.com